Calciopoli, gli inquirenti 'scagionano' l'Inter: "Vittime, non  colpevoli"  
NAPOLI - Gli inquirenti della Procura di Napoli, che  hanno istruito il processo su Calciopoli, intervengono dopo la  pubblicazione di intercettazioni telefoniche tra l'ex designatore  arbitrale Paolo Bergamo e il presidente dell'Inter Massimo Moratti: "Il  significato attribuito alle telefonate non trascritte, tra le 171mila  intercettate nel corso dell'indagine di Calciopoli, rappresenta  "un'opera di disinformazione allo stato puro" fanno sapere dalla  Procura. "Il reato - dicono fonti interne - non è parlare al telefono,  ma è reato quando si stipulano accordi illeciti. Le vittime non possono  essere trasformate in autori del reato". 
Ecco la news d'Agenzia  ripresa da SKY Sport 24 nell'edizione delle 21:00 del Venerdì  Santo, con mezza Italia in vacanza e le procure chiuse. Una  risposta decisamente imbarazzante per tamponare il clamore mediatico  suscitato dalla pubblicazione del contenuto delle conversazioni  telefoniche avvenute fra il presidente interista Massimo Moratti e l'ex  presidente Giacinto Facchetti con l'ex designatore Paolo Bergamo. Una  replica strana per tempestività e forma. Una replica affidata a presunte "fonti interne" della  Procura di Napoli (senza specificare quali) che si chiude con  un'accorata difesa dei protagonisti di queste intercettazioni (i  dirigenti nerazzurri) e con un perentorio e sorprendente: "Le vittime  non possono essere trasformate in autori del reato", frase che  sembra estrapolata dal campionario di massime filosofiche del pensiero  nerazzurro.
E dire che di queste nuove intercettazioni si ha, per il  momento, solo un assaggio: ma questo "aperitivo" ha evidentemente avuto  il potere di infastidire questa "fonte interna" alla Procura di Napoli.
Perché  questa presunta "fonte interna" non firma  una propria dichiarazione, se il contenuto della stessa corrisponde  all'unica e incontrovertibile verità?
Perché si parla di "significato  attribuito alle telefonate non trascritte? "Chi avrebbe "attribuito?" E  soprattutto, quale "significato"? Al momento tutte le maggiori testate  giornalistiche nazionali hanno pubblicato i testi delle conversazioni (anche  la Gazzetta dello Sport, che alla fine non ha potuto  esimersi...), lasciando giudicare ai lettori il contenuto, riportando i  fatti e facendo un semplice raffronto con quanto per altri è stato  considerato materiale sufficiente per instaurare la gogna mediatica  dell'estate del 2006.
All'uscita delle prime, frammentarie  intercettazioni, nella  primavera del 2006, si gridò allo scandalo in direzione univoca; il pm   Narducci (titolare dell'inchiesta alla Procura di Napoli,   dalle cui "fonti interne" sarebbe partito questo "tempestivo"   comunicato) si spinse addirittura a dichiarare nella requisitoria che  poi portò alla condanna di Giraudo nel rito abbreviato del processo in  corso a Napoli che "Piaccia o non piaccia,  non esistono  intercettazioni che riguardino persone diverse dagli  imputati", nonostante quanto sostenesse da subito l'ex designatore  Paolo Bergamo, che evidentemente alla luce degli ultimi avvenimenti non  può più essere definito "visionario". 
Oggi scopriamo che  telefonavano anche coloro i quali non sono sul banco degli imputati, e  come per magìa le "fonti interne" alla procura, procura di cui Narducci fa parte, ci dicono che "il reato non é  parlare al telefono, ma è reato quando si stipulano accordi illeciti".
Quindi,  prima gli imputati al processo napoletano erano gli unici a telefonare,  poi quando si scopre che "tutti sentivano tutti" al telefono, il reato  diventa: "stipulare accordi illeciti"?
Ce n'è abbastanza per una  domanda, anzi, LA DOMANDA: Dove e quali sono questi illeciti? Lo  volete spiegare una volta per tutte? 
Per finire, a  proposito di "disinformazione allo stato puro", ci piacerebbe sapere da  queste presunte "fonti interne" quali sono le  informazioni corrette: se quelle che traggono ispirazione dalle  informative servite a costruire tutto il lacunoso castello di Farsopoli  (tabellini del giornale rosa, ad esempio), oppure quelle che stanno  emergendo dal dibattimento al Processo di Napoli, un procedimento nel  quale le verità "costruite" nelle stesse informative vanno sgretolandosi  udienza dopo udienza?
La "disinformazione alla stato puro"  l'abbiamo subita. Solo ora ci informano che le telefonate erano 171.000.  In un nostro articolo del 2008, infatti, riportavamo:
L'Espresso  in una intervista ai pm Beatrice e Narducci chiedeva
Quante  sono state le intercettazioni?
Beatrice, rispose: "Trentamila  circa; mille quelle utilizzate. Tutte le altre potrebbero essere  trascritte su richiesta del difensore. È assolutamente chiaro che cosa è  stato fatto dalla Procura di Napoli e dai carabinieri di Roma. Quei  telefoni sono stati sotto intercettazione 24 ore su 24, tutti i giorni.  Quello che non c'è non ci può essere, semplicemente perché non esiste  nelle intercettazioni"
Questa dichiarazione strideva con quanto  scriveva la Gazzetta del 27 giugno 2006, che riportava questo scambio di  battute durante l'interrogatorio di Moggi da parte di Auricchio:
Avvocato: "Avete ascoltato 20.000 telefonate...".
Maresciallo: "Siamo arrivati a 100.000. (...) Solo del signore 100.000"
Nel  nostro articolo ci chiedevamo: Se è riportata bene la risposta di  Beatrice a L'Espressso e se è vero quanto riportato come "verbale di  interrogatorio" da La Gazzetta, emerge uno dei tanti misteri senza  risposta dell'inchiesta: le telefonate intercettate sono 30.000 o  100.000?
Oggi, dopo tanta disinformazione allo stato puro, sappiamo  che sono 171.000.
La Procura non ha mai emesso nessun "tempestivo"  comunicato per correggere il dato riportato nell'intervista di Narducci e  Beatrice all'Espresso, né per correggere la Gazzetta.
Ricordiamo  anche che in un'intervista concessa già il 14 maggio 2006 a Repubblica Narducci dichiarò: "Non è più  sufficiente andare in televisione per dire che tutti erano a conoscenza  di quanto sta emergendo dall'inchiesta della Procura di Napoli. Chi sa  qualcosa, deve trovare il coraggio di venire a raccontarlo ai  magistrati. Per il mondo del calcio questa è un'occasione irripetibile,  come fu Tangentopoli per la politica".
Aderì alla richiesta il  guardalinee Coppola ma, ha raccontato in aula a Napoli, quando iniziò a  riferire ai carabinieri di pressioni ricevute dall'Inter, perché  modificasse un referto arbitrale, si sentì rispondere: "L'Inter non  ci interessa".
Se anche solo da "fonti interne" la Procura  fornisse una spiegazione del perché un testimone spontaneo come Coppola  venne stoppato, saremmo lieti di riportare il comunicato.
La procura di Napoli difende le "vittime"
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